Montagna Magica

[:it]La Nuova Patagonia: I Venti del Cambiamento[:en]New Patagonia: The Winds of Changes[:]

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Kelly Cordes (c) Cerro Torre
                                                                                                                                                                                                                                             Kelly Cordes (c) Cerro Torre

Pubblicato il 4 marzo 2016 da Kelly Cordes su www.kellycordes.com e tradotto da Federico Bernardi

Ormai sappiamo bene che tutto è cambiato e dopo le scalate pazzesche compiute nelle ultime stagioni di arrampicata in Patagonia, credo che quello che stiamo vivendo sia qualcosa di speciale, qualcosa che assomiglia a vedere squarci nel futuro dal tempo presente. Forse sto esagerando le cose. Il tempo lo dirà.

Mentre facevo ricerche per il mio libro [The Tower: A Chronicle of Climbing and Controversy on Cerro Torre, ndR], riflettevo sulla Storia vista attraverso la lente di oggi e sono rimasto spesso colpito dall’inutilità di tentare di predire il futuro. Ecco un esempio, dalla nota di American Alpine Journal nel 1959, dopo aver ricevuto la notizia della presunta scalata Egger-Maestri al Cerro Torre :

1959-aaj

“Il nostro corrispondente, Signor Vojslav Arko , sottolinea che con questa scalata l’Età d’Oro dell’arrampicata in Patagonia è finita.”

Viste con la prospettiva di oggi, non dovrei essere sorpreso dalle recenti e fenomenali scalate: in ogni caso, sono molto colpito. Pur comprendendo l’attuale, veloce tasso di progressione e le capacità di livello superiore possedute dai migliori scalatori del momento, penso sia giusto affermare che il più grande e singolo cambiamento nella Storia della scalata della Patagonia è avvenuto lontano dalle montagne, circa nel 2005.

Di seguito è riportato un articolo che avevo in mente di scrivere da un po’ di tempo. Assomiglia a un pezzo che fu originariamente scritto per l’ Alpine Journal Inglese del 2014 ed è in gran parte una cucitura dei capitoli 17 (New Patagonia) e 24 (demistificazione di un Massiccio) del mio libro.

Parla proprio di quel grande cambiamento che ho appena citato – la linea di demarcazione tra la Vecchia e la Nuova Patagonia, e racconta la Storia di come si è verificato.

***

Nuova Patagonia: I Venti del Cambiamento

 

“Immaginatevi stanchi e logori, accampati nei boschi della Patagonia, appena tornati da un tentativo in cui una ventosa finestra di brutto tempo si abbatteva su di voi mentre vi trovavate a 1000 metri in parete. Come se la furia degli Dei fosse improvvisamente scesa su di voi ; eppure, in qualche modo, siete sopravvissuti. Il vostro corpo completamente intorpidito, il vento furioso contro la parete, non riuscite nemmeno a sentire il vostro partner urlarvi da un metro di distanza. Ogni secondo di ogni ora per dodici ore siete stati immersi in una paura primordiale. Barcollando in ritirata , arrivate al campo e vi schiantate in un sonno senza sogni. Non dormivate da oltre trenta ore e mentre la tempesta infuriava, speravate in una sola cosa: che continuasse, quella maledetta bufera, in modo da non dover nemmeno pensare di tornare là fuori a scalare. Ma nel bel mezzo della notte vi svegliate per pisciare : borbottando vi siete rigirati nel sacco, avete aperto la zip della tenda e siete usciti fuori. Attraverso gli occhi cisposi il vostro sguardo è rivolto sugli spazi tra gli alberi : le stelle splendono luminose. Ma vaffanculo.”

 

Nel 1975, a seguito di una delle sue numerose spedizioni in Patagonia, Ben Campbell-Kelly scrisse: “Una spedizione dovrebbe essere pronta a spendere un minimo di tre mesi in montagna, in particolare se ha scelto un obiettivo difficile.”

Alpinist.com (c)
                                                                                            Monika Krambic – Alpinist.com (c)

Nel 1995, tentando Infinito Sud, una nuova linea incredibilmente difficile  nel centro della parete sud del Cerro Torre, Ermanno Salvaterra, Roberto Manni, e Piergiorgio Vidi trasportarono una casetta di alluminio dal peso di 200 kg come riparo durante le tempeste. Salvaterra, il più grande scalatore del Cerro Torre di tutti i tempi, era preoccupato che i normali portaledge venissero distrutti dal vento.

Nel suo libro del 2000 “The Big Walls”, Reinhold Messner scrisse: “Il grosso problema sul Cerro Torre sono le tempeste. Ogni parete della zona in realtà dovrebbe essere considerata e misurata due volte la sua altezza. ”

Ma questo era il passato, la Vecchia Patagonia. Prima dell’arrivo del più grande cambiamento nella Storia della arrampicata patagonica, che non fu il ponte sul Río Fitz Roy, o l’aeroporto di El Calafate, o le strade asfaltate, e nemmeno l’evoluzione tecnica della moderna arrampicata.

Questo cambiamento ha influenzato ogni elemento dell’alpinismo patagonico, anche – o forse soprattutto – l’attenzione alla Via più infame e bizzarra della zona: La Via del Compressore sul Cerro Torre. Nel corso di due viaggi nel 1970 (a volte erroneamente collocati nel 1971), l’ alpinista italiano Cesare Maestri utilizzò un compressore a benzina come martello pneumatico per piantare quattrocento chiodi, la maggior parte di loro distanziati come pioli di una scala, sulla cresta sud-est della montagna. Maestri piantò molti dei suoi chiodi accanto a fessure perfettamente utilizzabili per scalare, in altri punti su roccia liscia, apparentemente determinato a evitare ogni caratteristica che permettesse la progressione naturale .

Anche se Maestri tornò a casa accolto da una fanfara formidabile, il mondo dei veri alpinisti fu molto meno impressionato. La maggior parte di loro considerava le sue tattiche un affronto allo spirito dell’alpinismo e alle regole da tempo stabilite di fair play.

Tuttavia, nei decenni successivi e nonostante ciò, successe l’imprevedibile : La Via del Compressore diventò la via più popolare sul Cerro Torre.

Pochi scalatori tentarono nuove vie sulla montagna. Fino alla metà degli anni 2000 la Via dei Ragni, la vera prima scalata vittoriosa del Cerro Torre , fu ripetuta fino in vetta solo quattro volte.

Più gli alpinisti affollavano la Patagonia, più gli anni passavano – spesso consecutivamente – senza che il Cerro Torre venisse scalato nemmeno una volta . Stagioni senza cima, tentativi da incubo conclusi con tempeste infernali e i rari successi rafforzarono ulteriormente il ruolo della Via del Compressore come parte integrante della tradizione del Cerro Torre. Per molti alpinisti, l’affronto morale della scaletta di chiodi di Maestri diventò trascurabile.

I racconti del terrore erano onnipresenti. Quando arrivavano tempeste da ovest, se vi foste trovati in cima alla Via del Compressore, non avreste capito di essere nei guai fino a quando fosse chiaro che era troppo tardi per ritirarvi . Le palpebre socchiuse al massimo. Il vento che porta le corde in orizzontale nel vuoto prima di rilanciarle contro la parete come fossero serpenti striscianti, facendole attorcigliare irrimediabilmente su qualche cengia e costringendo gli alpinisti a tagliarle e fare ritirate in doppia sempre più corte, col poco che rimaneva di quelle corde. Gli alpinisti si ritiravano a scaglioni verso il basso , cercando la sicurezza della foresta , come soldati sconfitti in battaglia, gli occhi vitrei e gli sguardi attoniti.

Nel 1980 il neozelandese Bill Denz fece tredici tentativi in solitaria della Via. Sopportò un bivacco di sette giorni intrappolato su una piccola sporgenza 300 metri sotto la cima in un’occasione. In un altro tentativo, il suo migliore, si ritirò a 70 metri dalla vetta.

Ogni pretendente dava valore al successivo , quando molti alpinisti famosi si avvicendarono nei tentativi e arrivarono le prime ripetizioni – a partire dal 1979, con la prima di Jim Bridwell della Via (Maestri, si apprese poi, si ritirò senza salire la parte sommitale, il fungo di ghiaccio, nel 1970) che di fatto conferirono una sorta di benedizione e nobiltà a quella Via .

 

courtesy Alpinesketches.com /Ermanno Salvaterra (c)
Courtesy Alpinesketches.com /Ermanno Salvaterra (c)

 

Come testimonianza della difficoltà intrinseca del Cerro Torre, a parte quattro ripetizioni della via dei Ragni, fino al 2005 ogni altra salita in vetta dipese dall’uso dei chiodi della Via del Compressore. Le tre vie sulla parete sud si intersecavano con la cresta sud-est, le due vie sulla parete est terminavano in cima tramite la Via del Compressore. Niente alternative, o quasi.

Ai tempi in cui arrivò un periodo ,lungo quasi due settimane, di cielo sereno sul massiccio di Chaltén – a cavallo tra Novembre e Dicembre 2008 – il numero di ripetizioni lungo la Via del Compressore era cresciuto troppo per contarle, sicuramente ben oltre un centinaio.

Quella finestra di bel tempo alla fine del 2008, però, fu diversa. Non solo per la sua durata, ma perché tutti sapevano che stava arrivando.

Nella sua sintesi del Massicio di Chaltén scritta in quell’occasione sull’ American Alpine Journal, Rolando Garibotti scriveva: “La grande novità è che la Via dei Ragni di Lecco sulla parete ovest del Cerro Torre ha visto sei ascensioni (diciannove alpinisti), più di tutte le salite nei decenni precedenti. Al contrario, quella breve finestra vide solo una ripetizione della via del Compressore. Come se improvvisamente, nello spazio di una notte, tutti avessero smesso di salire l’Everest con l’ossigeno, le corde fisse e il supporto Sherpa. Mentre centinaia di chiodi di Maestri restano sulla parete, la comunità dei climbers sembra avergli finalmente girato le spalle con freddezza. L’elenco delle scalate su Vie che non usano nemmeno parzialmente la Via del Compressore sul Cerro Torre è ora cresciuto a quattordici. ”

 

 

Palloni meteorologici erano stati lanciati nella zona della Patagonia molto tempo prima che qualcuno facesse previsioni meteo , mi ha riferito Jim Woodmencey. Alpinista, sciatore, ed ex Ranger nel Parco Nazionale del Grand Teton , possiede una società di previsioni meteo chiamata MountainWeather. Afferma che ogni paese ha le proprie stazioni di servizio meteo, e lancia palloncini che raccolgono i dati in vari punti dell’ atmosfera. Ci sono altri modi per raccogliere dati, come le stazioni di osservazione di superficie, le boe oceaniche, le foto satellitari di nubi ad altezze differenti e intervalli di tempo, che indicano cose come la velocità del vento e la concentrazione di umidità atmosferica. Anche se i dati sono relativamente scarsi in posti meno popolati come la Patagonia, praticamente nulla si frappone tra le tempeste nel Pacifico e il Massiccio patagonico di Chaltén. Per questa peculiare caratteristica, e a differenza di molte destinazioni alpinistiche importanti, i dati raccolti permettono previsioni meteo incredibilmente precise.

I dati da soli non significano niente, però. Sono i modelli a computer che in realtà analizzano i dati e fanno previsioni , e sono migliorati enormemente nel corso degli anni. Dati trasformati in una previsione meteo rispondono alla domanda chiave per ogni alpinista: è tempo per scalare o no ?

Nella stagione 2004-05, l’ alpinista tedesco Thomas Huber decise di controllare se il suo meteorologo-guru, Karl Gabl [lo stesso usato da altri alpinisti famosi come Simone Moro,ndR], potesse fornire le previsioni da lontano. Le previsioni per la zona di Chaltén non avevano precedenti. “Non avevamo idea se avrebbe funzionato per la Patagonia,” mi ha detto Thomas. “Ma funzionò, tutti mi guardavano per capire se avrei scalato o meno, gli altri alpinisti pensavano che io ricevessi da Innsbruck i segreti del meteo. Fu una prima, grande, stagione. Non solo per la Patagonia, ma in tutto il mondo, le previsioni meteo cambiarono, e di molto, l’alpinismo “.

Come quelle di Gabl hanno dimostrato nel corso degli anni, le previsioni meteo relative a zone di montagna richiedono conoscenze specifiche per essere accurate. Anche potendo imparare come si fanno, si avrebbe bisogno di accedere a tutte le informazioni, il che richiede un accesso a Internet che sia funzionale.

Internet non è arrivato a El Chaltén fino al 2003. Allora, la banda era scarsa, e funzionava a malapena. Il primo Internet café è arrivato nel 2004; i climbers venivano a controllare il meteo sul NOAA, ma lottavano contro una  connessione malfunzionante.

La residente locale Adriana Estol ricorda, “Sono venuta qui nel 2006 ed era quasi impossibile avere Internet a casa ma alcune case erano più fortunate.” Una delle “case fortunate” apparteneva a Bean Bowers.

Bowers, un’alpinista statunitense solido come un chiodo da roccia è stato sempre il tipo da “arrangiati e fai-da-te”. Per diversi anni consecutivi visse l’intera stagione estiva a El Chaltén, raccogliendo abbastanza soldi per comprarsi una piccola casa nella zona. Nel 2011, a trentotto anni, Bean morì di cancro ma molti dei suoi amici ricordano come avesse preparato lungamente le sue previsioni meteo. Aveva lavorato come Guida nei Tetons in estate, dove il rangers Ron Johnson gli mostrò come leggere i modelli meteo. Bowers poi seguì un corso presso Woodmencey sulle previsioni meteorologiche in montagna.

Doug Chabot, alpinista e valido studioso di previsioni sulle valanghe fu un altro che lo aiutò nel percorso formativo. “Ho dato a Bean le basi climatiche sulle previsioni meteo nel 2004. Infatti, durante il suo primo viaggio [a El Chaltén], mi chiamava per controllare alcuni modelli. Io lavoravo nella previsione delle valanghe, ero abituato a guardare i modelli meteo giornalmente. E poi aggiunge :” La cosa più importante era che avevo un vero e proprio lavoro nel campo ed ero raggiungibile per telefono “.

Il climber Josh Wharton ricorda bene la prima stagione in cui cominciarono le previsioni, mentre lui e Jonny Copp scalavano assieme sul Massiccio patagonico. Molti alpinisti espressero gratitudine a Huber per aver condiviso le sue previsioni in quella stagione ma ben presto la gratitudine si spostò su Bowers: “Bean tentò la lettura della mappa della Marina che un amico gli aveva mostrato ma era ancora principiante , quindi fu più che altro un’eccezione sporadica. Thomas Huber usava un telefono satellitare per chiamare il suo meteorologo austriaco e tra i due mi ricordo che crebbe un’intesa sempre più solida che durò per tutta la stagione. Infatti, quando Jonny e io iniziammo la Poincenot [la torre finale nella loro traversata di cinquantadue ore delle cime Agujas Saint-Exupéry, Rafael, e Poincenot], il vento ci approcciò duramente proprio alla fine, quasi esattamente all’ora che Thomas aveva previsto tre giorni prima. Fu un momento di quelli rivelatori.

 

courtesy by Kelly Cordes (c)

Mentre studiava, Bowers condivideva generosamente gran parte della sua conoscenza con gli amici. Nel 2006 insegnò a Rolando Garibotti, e ben presto gli alpinisti bussavano alla loro porta per avere previsioni o istruzioni su come ricavarle. Conoscere bene il meteo in Patagonia era come possedere un biglietto per lo spettacolo di prima fila – ed era ancor più bello perché era gratis.

I climbers facevano letteralmente la fila a casa di Garibotti per imparare, così Rolando si decise a scrivere una lunga email di istruzioni – ora ha una sezione specifica per le previsioni meteo sul sito web pataclimb.com. In breve tempo tutti poterono accedere alla conoscenza meteo del Massiccio patagonico.

Bastava seguire le istruzioni, inserire i dati sui siti giusti – per il Cerro Torre, le coordinate di posizione sono -49,3 ° e -73,1 ° – e si ottenevano proiezioni incredibilmente accurate su precipitazioni, temperatura, e soprattutto,  sulla velocità del vento.

Improvvisamente, tutte le barriere crollarono.

 

foto Chalten Hoy - proteste per il servizio Internet a El Chalten
                foto Chalten Hoy – proteste per la qualità del  servizio Internet a El Chalten,2014

 

Nel giro di pochi anni da quella stagione 2004-05, le previsioni sono divenute così precise che gli alpinisti possono tranquillamente lasciarsi alle spalle la maggior parte dell’attrezzatura necessaria in caso di tempeste, rendendo i carichi leggeri e l’ arrampicata più veloce. Nello stesso periodo, l’interesse per la Via del Compressore si è placato notevolmente [tranne per la rimozione di gran parte dei chiodi da parte di due alpinisti statunitensi,ndR]. Forse serviva veramente la consapevolezza del “cielo azzurro” per riportare in primo piano ciò che la maggior parte degli scalatori sapeva già : la Via del Compressore era così compromessa che era difficile considerarla una linea di arrampicata valida. I detrattori della Via avevano a lungo sostenuto che questa Via, rimuovendo con i chiodi piazzati a scaletta le parti difficili da scalare, avesse distrutto la sfida naturale e innata nell’ arrampicata. E ora, quando questa Via viene scalata con meteo buono, si comprende bene quanto avessero ragione.

Eppure esiste ancora un’ interazione interessante, perché il meteo e le condizioni delle pareti sono parti integranti dell’ alpinismo. Salire la Via del Compressore nella Vecchia Patagonia significava qualcosa di molto diverso dal farlo ora, nella Nuova Patagonia. Rimuovete la paura paralizzante di essere bloccati in una di quelle tempeste leggendarie e capirete che è impossibile esagerare sulla enorme svolta data all’ arrampicata in Patagonia.

Al giorno d’oggi a El Chaltén (nessuno campeggia più nei boschi), tra le sessioni di bouldering si possono sentire discorsi del tipo “Sì, sembra che domani ci siano tra sei e otto, poi scendono a due a due Mercoledì.” Si sta parlando di nodi di velocità del vento, sulle previsioni di questi rispetto alla quota, il che si traduce in un “No” o un “Si” al quesito se sia possibile arrampicarsi in alto, in quei giorni.

All’inizio del 2007, mi ricordo che stavo dietro alle spalle di Bean Bowers  mentre osservava la mappa meteo sul suo computer: La madre di tutti i sistemi ad alta pressione stava arrivando. Da lì , e per quattro giorni, il bel tempo arrivava dall’ Australia: fu così che Colin Haley e io partimmo per il Cerro Torre, dove completammo un concatenamento tentato più volte della via del 1994 “Los Tiempos Perdidos”, di François Marsigny e Andy Parkin , fino alla vetta, tramite la Via dei Ragni . Nonostante l’esposizione del fungo di ghiaccio sommitale e il racconto del ritiro epico e straziante di Marsigny e Parkin all’epoca , Colin e io l’abbiamo fatto con zaini leggeri dieci chili. La nostra unica preoccupazione era non riuscire a scalare la Via, non le tempeste – anche se forse un giorno una previsione sbagliata intrappolerà gente come noi. Fu una delle migliori scalate della mia vita , tuttavia mi rendo anche conto che noi stavamo giocando un gioco completamente diverso rispetto a quello giocato nella Vecchia Patagonia.

Mi ha nuovamente molto colpito la differenza e l’evoluzione del posto quando tornai a El Chaltén nel 2013. Un amico aveva controllato le previsioni dagli Stati Uniti e vide arrivare una finestra di bel tempo. Sfruttando l’accessibilità odierna, saltò sul primo aereo e pochi giorni dopo salì la via dei Ragni. Nello stesso tempo, un paio di forti giovani sloveni uscirono dai loro sacchi a pelo nell’ ostello – la previsione era perfetta – e senza dormire, percorsero il sentiero per il Fitz Roy , arrampicandolo e stabilendo una nuova e difficile Via. Al ritorno in città, durante la cena e poi al bar, mentre nubi di tempesta tuonavano attraverso le cime del Massiccio, noi ce ne stavamo in tutta comodità a scambiar racconti delle nostre imprese.

Praticamente, in seguito a questa rivoluzione nelle previsioni meteo, i climbers possono ora evitare la componente più brutale e terrificante dell’arrampicata patagonica, riposandosi o facendo bouldering , pronti a scalare appena il tempo migliora.

Questo posto non sarà mai più lo stesso.[:en]

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“with full respect to the current rate of progression and the next-level skills of today’s top climbers, I think it’s fair to say that the single biggest change in the history of Patagonian climbing occurred far from the mountains, circa 2005.”

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